Il nome "Cellatica" viene fatto derivare dal latino cella, termine che prima del X secolo significava oratorio o piccola chiesa e che successivamente venne ad identificare i depositi di frutti campestri, trattandosi probabilmente di una "cella vinaria" di un monastero.
Ma la tradizione enoica di questa terra sembra avere radici lontanissime risalenti persino al popolo celtico.
Successivamente si hanno notizie da medici, agronomi e studiosi che parlano nel XV sec. del vino di Cellatica come prodotto pregiatissimo di grande affinità con i vini greci e romani e per questo richiesto a Milano ed esportato a Roma.
Nel XVIII sec. di Cellatica vengono decantati i grappoli di eccezionale grandezza, frutto di un terroir particolarissimo dovuto ad un anfiteatro di colline rocciose di costituzione calcareo-argillosa rivolte a mezzogiorno, soggette a totale insolazione e chiuse alle correnti fredde del nord.
Nella prima metà del XIX secolo il Cellatica è uno dei vini più commercializzati sul territorio milanese, venduto nelle trattorie e osterie dei navigli come nei ristoranti importanti del centro.
E' con il dopoguerra che si assiste all'abbandono dell'attività agricola per scarsa redditività e per la vicinanza della città di Brescia, che offre maggiori opportunità garantite dal tessuto industriale in espansione.
Dal 1967, l'appartenenza della zona a due Denominazioni di Origine distinte (Cellatica e Franciacorta) induce molti produttori a cedere alle lusinghe di vini bianchi e spumanti, decretando un lento oblio del Cellatica dopo le luci del passato.
Nel 1996, le uve ottenute dai vigneti che circondano l’attuale centro aziendale vengono vinificate in garage anziché essere consegnare alla Cantina Sociale. Si ottengono le prime 5 barrique di vino rosso da vitigni autoctoni, prodotte per autoconsumo, ma già con grande determinazione. La mancanza di attrezzature specifiche impone metodi operativi semplici e piuttosto grossolani: spremitura a mano delle uve, fermentazione e macerazione in una vasca d’acciaio prestata dal vicino di casa (ex vignaiolo), affinamento in barrique nello scantinato e imbottigliamento “a caduta” con un piccolo tubo di gomma. Clavis 1996, questo è il nome del primo vino, regala un risultato sorprendente: è pieno, tannico, pulito e potenzialmente longevo. Le bottiglie sono marchiate “Cà del Vént”, casa del vento in dialetto bresciano, il nome con cui la casa è stata registrata nel catasto napoleonico. I Clavis delle annate successive non deludono le aspettative, pur con qualche problema di eccesso alcolico nell’annata 1997 e di torbidità nell’annata 1998.
Nel 2001 vengono vinificate le prime 2.000 bottiglie di vino atto a Franciacorta. I giudizi gustativi sui primi vini bianchi sono meno positivi rispetto ai rossi, manca un po’ di finezza, il sentore di legno è troppo evidente.
Nel 2006, acquisita la necessaria esperienza, vengono accorpati alcuni vigneti confinanti e Cà del Vént passa da realtà amatoriale a piccola azienda viti-vinicola di 6 ettari. Inizia lo studio dei suoli che si conclude nel 2011 con l’individuazione di 11 micro-zone.
Nel 2015 le commissioni degustazione negano l’idoneità DOCG Franciacorta ai più vini (millesimi 2011 e 2008). Si decide di non procedere con la rivendicazione della denominazione per tutta la gamma dei vini atti a Franciacorta DOCG e anche del vino rosso atto a DOC Cellatica 2014. Da allora non si producono più vini a denominazione di origine, seguendo un personale percorso, anche più esigente rispetto ai disciplinari, ma più libero, ispirato da sensibilità, istinto e amore.